“La resurrezione è un fatto che esige un cambiamento” – Pasqua 2025

Allegato: Pasqua 2025 (in die)

Pasqua 2025 (in die)
(At 10,34a.37-43; Col 3,1-4; Gv 20,1-9)
Cattedrale di Verona, domenica 20 aprile 2025

 “Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro”. Ciò che colpisce della resurrezione è che nessuno, tantomeno Maria di Màgdala, se l’aspettava. E non si può pensare che si sia trattato di una semplice suggestione psicologica. Per venire subito a noi: chi riduce la Pasqua soltanto ad un’emozione per la vita che rinasce dopo l’inverno si accontenta di troppo poco. E, soprattutto, non dà conto di quel che è avvenuto. Resurrezione di Gesù è ben più che una metafora, per quanto poetica. È un “fatto” che si impone, nostro malgrado. I discepoli stessi si lasciarono travolgere da un fenomeno che si palesava loro, da una realtà inaspettata, inizialmente pure incomprensibile e la fede nella resurrezione è scaturita da questo travolgimento, cioè da un avvenimento che precedeva il loro pensare e volere, che anzi lo rovesciava.

Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro”. I due, Giovanni e Pietro, constatano la tomba vuota e le bende ripiegate in ordine. Né il sepolcro vuoto né le bende in ordine sono due prove schiaccianti, ma due indizi interessanti, di certo. E così siamo posti di fronte ad un aut-aut: credere o non credere. Credere, come Giovanni che vede e comprende finalmente chi è Gesù oppure rifiutarsi di prendere in considerazione queste tracce incomprensibili. La nostra generazione vede e calcola tutto, ma comprende e valuta poco. Per questo siamo disillusi e anche disorientati. La resurrezione è un fatto che esige un cambiamento: si entra nella morte per uscire alla vita. La morte e la vita sono, dunque, intrecciate. La resurrezione del Maestro cambia la percezione dell’esistenza che non è un arco che si distende verso la fine, ma si inarca nell’eternità. Noi oggi non crediamo alla resurrezione e, ancor prima, non crediamo alla morte. Almeno alla nostra. Per questo tendiamo a rimuovere l’una e l’altra.

Infatti, non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”. Scommettere sulla vita “oltre” la morte ha ben più senso che accontentarsi di “scomparire nella natura” o di “sopravvivere nei discendenti”. A pensarci, la stessa fascinazione della tecnologia si riduce a un illusorio andare “oltre” questa semplice realtà spazio-temporale. Non si chiama forse “Meta” (“Oltre”) la nuova sigla del più importante colosso digitale in questo momento? Nulla è casuale. Alla fine resta un vero aut-aut: o la resurrezione o l’inesorabile nulla. La fede cristiana opta per la resurrezione: Dio più che dal passato viene incontro a noi dal futuro. Ecco la ragione profonda dell’Alleluia pasquale. Come scriveva un cristiano dei nostri tempi: “A partire dalla resurrezione di Cristo può spirare un vento nuovo e purificante per il mondo di oggi… Se due uomini credessero realmente a ciò e, nel loro agire sulla terra, si facessero muovere da questa fede, molte cose cambierebbero. Vivere a partire dalla resurrezione questo significa Pasqua” (D. Bonhoeffer).

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