Lo spirito buono e lo spirito cattivo – Penitenziale a Colognola ai Colli

Allegato: Liturgia penitenziale a Colognola ai Colli

Martedì Santo 2025
Penitenziale a Colognola ai Colli
(Gv 13,21-33.36-38)
Pieve di Colognola, martedì 15 aprile 2025

 “Satana entrò in lui”. A dispetto di tutte le interpretazioni più recenti su Giuda, come quelle di tipo psicologico e ideologico, il testo di Giovanni afferma con semplicità un fatto. Salvo aggiungere un dato esteriore che è piuttosto la descrizione del mondo interiore di Giuda: “Era notte”. Tanta schiettezza aiuta ad entrare nel dramma del tradimento di Giuda, senza eccessi di revisionismo psicologizzante, ma stando semplicemente ai fatti nudi e crudi. E i fatti sono che Giuda non raccoglie neanche l’estremo tentativo del Maestro che gli offre del pane, reclinato sulla tavola imbandita. Per interpretare lo stato d’animo di Giuda, indifferente all’amico e concentrato sul tradimento, non basta avere criteri psicologici, ma ne occorrono di ordine spirituale. La tradizione cristiana ne ha elaborato almeno due che possiamo facilmente identificare anche in noi.

Il primo criterio suggerisce che è proprio del “cattivo spirito” “rimordere, rattristare, creare impedimento, turbando con false ragioni, affinché non si vada avanti”. Insomma, è proprio del “cattivo spirito” essere preda di una forma di tristezza che più di un’atmosfera piscologica è proprio un’incapacità a muoversi, a venir fuori, a decidersi. Il che genera presto un atteggiamento rassegnato o cinico. Quando siamo giù non basta fermarsi ai sintomi, ma occorre risalire alle cause.

Il secondo criterio è invece quello secondo cui “lo spirito buono dà coraggio, forza, consolazione, lacrime, ispirazioni e pace”. Anche se Gesù appare scosso, non per questo appare indeciso e incerto, anzi è ancor più determinato nella sua consapevolezza. Di più: Gesù è consolato; Giuda è desolato. Gesù è “la freccia appuntita” che è consapevole della sua origine. Il rischio che corriamo è di fare come Pietro che si getta dietro a Cristo, ma non ne conosce il prezzo. La salvezza non è mai a buon mercato, ma sempre a caro prezzo.

Come Pietro vogliamo incrociare lo sguardo di Gesù che non giudica, ma ci fa comprendere i nostri mille tradimenti quotidiani: di Dio, del prossimo, di noi stessi. La presunzione del principe degli apostoli è la nostra che sembra non doversi mai rimproverare niente perché finiamo per valutarci in base agli altri. Ma ci si conosce davvero al di là delle immagini costruite su di noi soltanto quando ci lasciamo penetrare dallo sguardo di Dio. Per questo evitiamo spesso di lasciarci illuminare da Lui e preferiamo l’oscurità delle nostre contraddizioni. Ci vuole coraggio per fare questo però. Ma dove trovare il coraggio? Il gallo ci viene incontro. Il gallo non canta per effetto della luce e di altri stimoli esterni, ma per via del suo stesso ritmo biologico. Dobbiamo augurarci che si risvegli in noi lo “spirito buono” e che quello “cattivo” sia messo in grado di non nuocere. Allora il coraggio e non la tristezza darà futuro al nostro mondo e passeremo finalmente dalla delusione alla speranza.

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