“La via della pace non è mai a buon mercato” – Domenica delle Palme in Cattedrale

Allegato: Domenica delle Palme in Cattedrale

Domenica delle Palme 2025
(Lc 19,28-40; Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22,14–23, 56)
Cattedrale di Verona, domenica 13 aprile 2025

In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia”. Gesù è costretto a fare la spola tra il re giudeo e il governatore romano fino ad allora nemici per la pelle. Ma trattare questo spinoso caso di ordine pubblico riavvicina i due potenti al punto che diventano amici. Risultato? Gesù viene sacrificato alla ragion di Stato e finisce per essere condotto a morte sotto la pressione del Sinedrio che urla inferocito: “Crocifiggilo!”. Sembra di riavvolgere il nastro della storia umana che è una galleria degli orrori, dove la gente comune è sistematicamente sacrificata, come tragicamente accade ancora in queste ore a Gaza, dove non si risparmiano bambini, donne e anziani arabi. Siamo tornati appena ieri dalla Terra Santa insieme a una trentina di veronesi e abbiamo respirato l’atmosfera ininterrotta di violenza, a partire dal tragico 7 ottobre 2023 con il massacro e il sequestro di innocenti ebrei. Così come non si può dimenticare quel che succede in Ucraina, in Sudan, in Congo e in altre parti del mondo. In tutti questi casi, non ci sono ragioni, se non inconfessati interessi, mascherati da grandi ideali e da stringenti congiunture. La verità della guerra, invece, è quella che sappiamo tutti, anche se a volte ci auto-censuriamo: “La guerra è il massacro di persone che non si conoscono, per conto di persone che si conoscono, ma non si massacrano” (P. Valery).

Gesù è oggetto della violenza più gratuita, ma reagisce gridando: «Basta!», quando i suoi amici con tono baldanzoso, percependo la piega scivolosa che sta prendendo la sua vicenda, gli dicono di mettere mano alle spade, cioè alla violenza. Non è un generico pacifista Gesù. È piuttosto un “pacificatore”. Sa cioè che la sua persona divide, ma si mette in mezzo, mai sta con l’uno senza l’altro, finendo così per prenderle dall’una e dall’altra parte. Dal potere politico (Erode e Pilato) come dal potere religioso (Caifa). Però Gesù non incita mai alla violenza. Rifugge il potere e lega la sua memoria a un pezzo di pane spezzato e a un po’ di vino condivisi. Questo è il suo “testamento” che da duemila anni divide la storia degli uomini, che si dividono tra quelli che continuano a cercarlo e quelli che lo ignorano.

Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto»”. Il potere, sia quello civile che quello religioso, è una maschera della cecità e della violenza, ammantata da disprezzo e ironia. Il popolo “sta a vedere” non nel senso che sarebbe indifferente, ma nel senso che è spiazzato da uno che non mette in salvo sé stesso. E per questo salva tutti.

Questa è la Settimana di Passione, di morte e resurrezione, che ci attende da rivivere. Stare a vedere”, cioè contemplare, lasciarsi sorprendere da Chi non si mette in salvo da sé. Non è con la forza che Gesù si salva. Altra è la sua via, come la via della pace che non è mai “a buon mercato” perché finisce sulla Croce.

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