Allegato: XX d.Giussani- Giovedì della VI settimana per annum 2025
XX Anniversario morte di mons. Giussani
(Gen 9,1-13; Sal 101; Mc 8,27-33)
Cattedrale di Verona, giovedì 20 febbraio 2025
“E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno”. Gesù sta camminando lungo la strada e domanda cosa mai si pensi di Lui. Quando, però, Pietro lo identifica col Messia, cioè con il Cristo, stranamente proibisce di parlarne. Non solo, ma preferisce chiarire che “il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e dopo tre giorni risorgere”. A questo punto, Pietro prende la parola per scongiurare questa ipotesi fallimentare, ma Gesù lo rimprovera aspramente: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
Come interpretare questo rapido cambio di scenario? L’unica possibilità, a meno di non pensare che Gesù sia… bipolare (sic!), è accettare che un conto è dire che Egli è il Messia e un conto è entrare a far parte del suo destino di morte e resurrezione. Insomma, un conto è la fede e un conto è la vita. Proprio qui sta l’originale punto di vista di don Giussani per il quale “se la fede non è utile alla vita cosa siamo qui a fare?”. Credere, infatti, per don Gius non è mai solo l’emozione di un momento o una certezza puramente astratta, ma un “modo di essere al mondo”, che capovolge il nostro istinto di autoconservazione e ci apre all’incontro con la realtà. Attento osservatore della società, don Giussani legge in modo anticonformista il sommovimento portato dal Sessantotto come un risveglio del desiderio di autenticità e di un cambiamento nel mondo. Il suo genio educativo – grazie al quale siamo qui stasera – consiste nell’aver rimesso in circolazione le domande che stanno al centro dell’esistenza. È la realtà, infatti, che mette in moto gli interrogativi ultimi che del senso religioso rappresentano il fondamento ineliminabile.
“Va’ dietro a me, Satana!”. Gesù è diretto e a Pietro intima di stargli dietro perché chi si fa suo discepolo impara a conoscere sé stesso, formula le domande e trova le risposte solo se sta “dietro” e non pretende di stare “avanti”, da solo. Il cristianesimo si è imposto al mondo greco perché alla tragedia ha opposto la fiducia. La fiducia nasce per l’uomo, la cui natura è esigenza di verità e di compimento, cioè di felicità, da un incontro personale. Quello con Gesù Cristo. La fede, dunque, non è dichiarare, ma “seguire”. Il cristianesimo per don Giussani si sperimenta come una risposta imprevedibile, eppure pienamente ragionevole, al desiderio dell’uomo di vivere scoprendo e amando il proprio destino. Vincere l’apatia oggi così diffusa è l’effetto della fede che restituisce creatività a quanti soffrono la nostra epoca dalle passioni tristi. La fede cristiana dona emozioni e sentimenti, desideri e affezione. L‘apatia che è invece una nebulosa che rischia di avvolgere il nostro tempo è caratterizzata da una evidente immobilità fisica, mentale, progettuale. La fede soltanto ci rimette per strada, “on the road”. Con Gesù, quale compagno di viaggio, che spinge non a subire, ma a re-agire. Così come don Giussani ha vissuto e ha insegnato a fare.
