Nessuno è un’isola – Giornata della Parola (Castelletto di Brenzone)

III domenica del tempo Ordinario 2025 

Allegato: Giornata della Parola (Messa a Castelletto)

 Giornata della Parola – III domenica del tempo Ordinario 2025 
(Ne 8,2-4a.5-6.8-10; Sal 19; 1 Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21)
Castelletto di Brenzone, domenica 26 gennaio 2025

“Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Quando Gesù pronuncia queste parole si fa improvvisamente silenzio nella sinagoga di Nazaret. Gesù ha circa 30 anni, è cresciuto nella bottega del falegname del paese, e da adulto, “figlio del comandamento”, legge la Parola e la commenta brevemente. Ciò che colpisce è che non fa nessuna attualizzazione moralistica, ma rimanda semplicemente ad un fatto, cioè alla sua presenza che porta a compimento l’attesa di Israele. Dio per parlare di sé si è fatto uomo. Noi ci perdiamo quando dobbiamo immaginare Dio, pensarlo in modo ragionevole, crederlo in azione nel nostro mondo. Ma la vera risposta alla domanda: “Chi è Dio?”, è Gesù di Nazaret. Si diventa cristiani quando smettiamo di parlare di Dio e parliamo di un uomo, di un volto, di un’esistenza singolare. Non ci resta che fare come i nazaretani: “Gli occhi di tutti erano fissi su di lui”.
Nel piccolo spazio della sinagoga si rinnova quanto ascoltato nella prima pagina di Neemia quando il resto di Israele si ritrova ad ascoltare la Parola mentre tutto attorno a sé è distrutto. Non sembra questa la condizione della Chiesa anche oggi? Siamo qui di domenica in un piccolo gruppo mentre attorno a noi sembra trionfare l’indifferenza e perfino il ridicolo rispetto alla fede cristiana. Niente paura, però. Occorre fare come il giovane nazaretano che srotola il libro e legge il profeta Isaia: “Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”. La Bibbia (“I libri”), è un grande libro “educativo” perché mentre la si legge si impara a leggere sé stessi. Nella frammentazione della vita contemporanea la Parola rappresenta il “centro” che consente di ritrovare il proprio “io”, in rapporto a “Dio” e al mondo. C’è di più. L’ascolto della Parola sortisce anche l’effetto di maturare un atteggiamento dialogante sia a livello interreligioso che interculturale. La Bibbia rappresenta, dunque, un test indispensabile per saggiare la qualità della fede personale e verificare l’attitudine al confronto culturale. L’omelia di Gesù è breve, concisa, essenziale. È la sua stessa persona che esprime il senso di quello che Isaia prometteva: Dio è coi poveri, i ciechi, i prigionieri. Insomma coi perdenti. Così vale per noi. Quel che vale è tradurre la Parola nella vita, come facciamo appena usciti dalla chiesa. Ciò che rende comprensibile a tutti la Parola di Dio è la vita perché in Dio parola e azione coincidono. Restiamo fissi con gli occhi su di Lui e troveremo la strada ogni giorno per capire come quella promessa di Dio si compie “qui e ora”. Della Parola di Dio, le campane sono la voce. Ricorderete tutti la celebre espressione “per chi suona la campana?”. In realtà suona per tutti, perché come scrive il poeta: “Nessun uomo è un’isola / completo in sé stesso” (J. Donne). Ogni volta che ascolteremo il suono di queste campane accogliamo, dunque, l’invito ad ascoltare la voce di Dio, a sentirci parte di una comunità ecclesiale e civile. Nessuno è un’isola.

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