Allegato: Intervento Il Natale. Un fatto, non una favola – L’Arena
«Il Natale? Un fatto, non una favola»
Intervento su L’Arena, martedì 24 dicembre 2024 pagg. 1/19
Verona, martedì 24 dicembre 2024
Se fossimo dentro una favola, queste fredde giornate invernali ci sembrerebbero avvolte in un silenzio che promette pace, magari con i fiocchi di neve da guardare attraverso le finestre di case illuminate e riscaldate. Non siamo però dentro una storia di miracoli né con l’ingenua garanzia di un lieto fine. Risuonano in noi le grida e i rumori di un anno difficile, lacerato da guerre, orrori, violenze, miseria e disastri.
È in questo momento che la Chiesa cristiana guarda a uno dei misteri più profondi della fede: l’Incarnazione del Verbo divino. “Natale” smette così di essere solo l’aggettivo che accompagna il luogo o il giorno in cui una vita viene al mondo e si trasforma in un nome da scrivere con la lettera maiuscola. È l’evento straordinario e meraviglioso che racconta di quando l’eterno è entrato nel tempo, l’infinito è divenuto finito, il cielo è sceso in terra. Dio è con noi e non ci abbandona, nonostante tutto. Ce ne ricordiamo in modo particolare in questi giorni.
Il mistero dell’incarnazione, però, può essere contemplato secondo due prospettive di fondo: da un lato è la storia di un Dio che si spoglia di ogni potere per farsi umano, ma dall’altro è anche la storia di un uomo che ci rivela come è fatto Dio. Non sono due traiettorie alternative: entrambe esprimono verità. Tuttavia, come sanno i naviganti, la rotta del ritorno non è mai identica a quella dell’andata.
Nel vivere il Natale, infatti, notiamo che un sentiero è solitamente più battuto dell’altro.
Quello più battuto riguarda il Dio che diventa piccolo, fragile e vulnerabile. Proviamo tenerezza e gratitudine per quel Dio bambino venuto al mondo e cresciuto grazie al coraggioso sì di una donna libera di amare, ma anche alla giustizia di un uomo che ha creduto alla sincerità di una storia improbabile e addirittura a un sogno notturno abitato dagli angeli.
Quello meno battuto, invece, riguarda il volto di Dio che emerge strada facendo, con le parole e i gesti dell’uomo di Nazaret. È qui che spesso il nostro passo si ferma.
È qui che rischiamo di comportarci come le persone religiose che hanno contestato, ostacolato e condannato Gesù. Come loro, infatti, nella nostra testa abbiamo già un’idea di Dio e non abbiamo voglia di cambiarla. Per questo non vogliamo seguire fino in fondo questo Gesù così scomodo. Di lui vogliamo ricordare e custodire solo quegli elementi che non disturbano le nostre convinzioni, tralasciando il resto.
Il teologo Metz però ci provoca proprio riguardo questa tentazione di tenere i ricordi tranquillizzanti e di rimuovere quelli pericolosi: la memoria di Gesù dovrebbe inquietarci, risvegliarci, attivarci in una trasformazione di solidarietà. Altrimenti, saremo come tutte le persone che allora lo hanno rifiutato e ci ritroveremo a pensare: se questo Gesù corrisponde alla mia idea di Dio, lo adorerò, altrimenti lo considererò un malfattore, un sobillatore, un blasfemo, un problema per la politica, l’etica e la religione stessa.
Il Gesù che nasce oggi, dunque, non è solo un piccolo e tenero bambino deposto in una mangiatoia, è una vita che viene al mondo per dirci qualcosa di nuovo di Dio, qualcosa che ancora non sappiamo e che non vogliamo sapere.
Questa novità la possiamo avvicinare con una giusta memoria, ricordando che Gesù si è trovato a vivere in Galilea, una regione molto povera e screditata, ha condiviso il tempo e la mensa con le vite più emarginate, con pubblicani, peccatori, prostitute, pagani, infedeli, malati, con i loro amici e amiche. Donne e uomini che si sono lasciati raggiungere dalla buona notizia, perché l’hanno riconosciuta come prossimità di un Dio che ama senza condizioni e per il quale nessuna vita è perduta, sbagliata, sacrificabile. Donne e uomini che hanno accolto l’annuncio proprio perché erano liberi dal vanto, perché non contavano, non godevano di prestigio sociale, avevano smesso di pretendere qualcosa dal mondo e spesso non riuscivano più nemmeno a chiedere aiuto. È con loro che si gioca il desiderio di Dio: nelle frequentazioni imbarazzanti e indecenti di Gesù ci viene incontro un Dio che è sé stesso proprio vicino alle vite giudicate perse.
Pensando a questo, scopriamo un Gesù che rivela il volto profondo di un Dio che sposta il sacro dentro le vite in tutte le loro differenze, un Dio che mentre ci rivela chi è rivela anche il volto autentico dell’umanità che accetta di fargli spazio. È un’umanità capace di condividere il bene e i beni, che cerca la pace, la giustizia, la solidarietà, che si spende in legami giusti, e che riconosce il sacro in ogni vita senza preclusioni o condizioni. Buon Natale!
