Allegato: Messe natalizie (Deposito locomotive Trenitalia e azienda Polin)
Messe natalizie presso il Deposito locomotive Trenitalia a Santa Lucia Extra e l’azienda Polin forni
Verona, venerdì 20 dicembre 2024
(Is 7,10-14; Sal 24; Lc 1,26-38)
“Entrando da lei disse: Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Colpisce che l’angelo invece dell’usuale saluto ebraico shalom – “la pace sia con te” – preferisca la formula greca chaire, che si può tranquillamente tradurre con ‘Rallegrati’. C’è in questa scelta una chiara indicazione e, cioè, il richiamo alla gioia. “Chaire”, infatti, significa “Rallegrati!”. Tale esperienza è quella che illuminerà la notte di Betlemme, quando ai pastori verrà detto: “Vi annuncio una grande gioia” (Lc 2,10). Ma perché rallegrarsi? A dire il vero, più si avvicina il Natale e più si moltiplicano gli inviti alla gioia, quasi un obbligo che si impone a tutti e la cosa per qualcuno diventa insopportabile. Ma è mai possibile la gioia per comando? Non è forse sempre più diffusa una nuova forma di malessere psichico che va sotto il nome di ‘cherofobia’ e cioè “la paura della felicità”? In effetti, si coglie tra gli adolescenti un diffuso clima di paura rispetto alla gioia, al punto che molti mettono il freno a mano pur di non coinvolgersi per paura di rimanere delusi. Ma così crescono generazioni impaurite che vivono al di sotto dei propri desideri. Come fare per sperimentare la gioia sottile del Natale, ben diversa da quella crassa e volgare di Babbo Natale?
Maria ci aiuta ad individuare tre atteggiamenti concreti, attraverso le sue parole: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. La risposta di Maria giunge dopo una iniziale reazione di turbamento che però è diversa da quella di Zaccaria che si interroga sul ‘che cosa’, mentre in lei l’interrogazione verte sul ‘come’. Maria, dunque, riflette e si rivela donna di interiorità che mantiene l’autocontrollo e tiene insieme cuore e ragione. Credere dilata il nostro mondo interiore per cui dinanzi ai fatti della vita non reagiamo di pancia o di paura, ma cerchiamo di elaborare un senso. Siamo di quelli che vivono interiormente oppure siamo solo proiettati all’esterno e alla mercé di quello che accade intorno a noi? Questo è il primo atteggiamento: lo sguardo contemplativo che ci fa gustare le cose prima dentro. Quindi c’è la sua autodefinizione di “serva”, per quanto “del Signore”. Maria non si concepisce in relazione a sé stessa, ma in rapporto ad altro. Per vivere la gioia bisogna allargare lo sguardo agli altri. Il cordone ombelicale è una traccia nella carne viva che ricorda che tutti veniamo da altro. Infine, il terzo atteggiamento è la concretezza di Maria che vuole che avvenga quel che le è stato promesso. La parola avventura non significa tanto le cose che stanno per accadere. «Avventura» non significa «le cose che accadranno». La parola viene «dal latino classico e cristiano adventus (l’avvento di un principe o del Messia) o da eventus, in ogni caso il termine designa l’accadere a un certo uomo di qualcosa di misterioso o meraviglioso, che può essere tanto positivo che negativo». Avventura era quindi nascere, diventare se stessi, trovare il sacro (mistero e meraviglia) della vita, cioè ciò che in essa non muore, il motivo per cui ciascuno di noi è qui. Anche a noi è chiesto a Natale di dire: “Sì, eccomi, si faccia di me secondo la tua parola!”.
