Messa e rassegna dei presepi degli ospiti con diverse abilità dell’Ulss 9

 Allegato: Messa in Cattedrale e inaugurazione presepi degli ospiti ULSS 9

Messa e inaugurazione della rassegna dei presepi realizzati dagli ospiti con diverse abilità dei centri diurni dell’Ulss 9
Cattedrale di Verona, giovedì 19 dicembre 2024
(Gdc 13,2-7.24-25a; Sal 71; Lc 1,5-25)

 

Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni”. Elisabetta e Zaccaria fanno il paio con Manoach e “sua moglie (che) era sterile e non aveva avuto figli”. Secondo le conoscenze scientifiche del passato la sterilità era tutta colpa della donna che cumulava su di sé una sorta di maledizione divina, oltre a una sorta di stigma sociale che ne aumentava la solitudine e l’amarezza. La madre di Sansone e quella di Giovanni il Battista svelano il dolore della donna che non riesce a diventare tale con la maternità e vive questa condizione con un senso di inadeguatezza e di colpa. Essere donna ed essere madre infatti non sono due cose contrapposte, ma due facce della stessa medaglia. Per questo, la sterilità non è una colpa sul piano fisico, lo diventa invece quando assume i tratti di una società che è priva di futuro. Come ai nostri giorni, quando viene meno l’apertura alla vita che garantisce non solo la sopravvivenza della specie, ma la creatività e la fecondità del nostro tempo. Qui in gioco è la capacità di sporgersi oltre sé stessi e concepirsi non in modo autocentrato, ma aperti a quello che bisogna preparare perché la vita si espanda oltre di noi.

Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hia creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo”. L’angelo che appare a Zaccaria, intento a svolgere il suo servizio sacerdotale nel giorno dello Yom Kippur (il giorno delle espiazioni), chiarisce il senso di questa sterilità culturale e sociale che ci sta rendendo tutti meno generativi. È una questione di fiducia nella promessa e un rinchiudersi nella paura e nell’esitazione di chi non scommette più sulla vita. Siamo diventati più sensibili alla morte che alla vita e rimaniamo sconcertati davanti alla speranza, al punto di sentirci più al sicuro nella desolante certezza delle nostre convinzioni. Per contro, la vicenda di Sansone e quella del Battista ci dicono che Dio esaudisce al di là delle nostre attese. Mentre noi progettiamo secondo il buon senso e dentro il prevedibile. Sta in questo atto di fede che è divenuto così estraneo al nostro mondo segnato dalla paura e dalla mancanza di rischio la strada per ribaltare una situazione priva di prospettiva.

Sia Sansone che Giovanni sono “consacrati” al Signore ed hanno una missione da compiere che prepara la strada al Messia. Si tratta di sottrarsi alla paura e al buon senso, facendo leva su Dio, come Maria che si fida e audace lascia fare a Lui. Soltanto un cuore sorretto dall’amore riesce a colmare la distanza tra legame e desiderio in cui consiste la vita, secondo le parole di R. Guardini: “Vita è fecondità. E tanto più è viva la vita, quanto più grande è la sua forza di dare ciò che ancora non esiste (…) non c’è mai niente di finito, tutto è in divenire sempre nuovo. L’ultimo sigillo della vitalità è la forza d’essere, ad ogni istante, nuova”.

 

 

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